Venerdi 20 novembre 2009: a testimoniare si presenta l'inviato-conduttore partenopeo Enrico Varriale. Il periodo preso in esame comprende gli anni che vanno dalla fine del 2004 al 2006, l'argomento trattato, seguendo la traccia della precedente testimonianza di Francesca Sanipoli, è il presunto embargo che la Juventus, a detta di Varriale, adottò sistematicamente verso alcuni inviati Rai Sport e verso la trasmissione che lo stesso Varriale conduceva e tuttora conduce (Stadio Sprint su Rai 2).
Varriale sostanzialmente conferma in aula le ipotesi che aveva segnalato il 15 maggio 2006 agli inquirenti: "Quanto alla mia diretta esperienza personale, posso dire che ho vissuto, da un certo periodo in poi, una sorta di embargo da parte della Juventus, in quanto ad un certo punto nessuno dei calciatori o dei dirigenti juventini si è mai presentato nel corso della trasmissione che conducevo, Stadio Sprint. Ciò, evidentemente, dipese dal fatto che, in una trasmissione dedicata agli appuntamenti calcistici del 2005, io feci espressamente riferimento, mandando in onda un servizio, alla questione doping della Juventus".
La personale interpretazione di embargo di Varriale cozza con i successivi rilievi emersi: infatti il filmato fu trasmesso a Stadio Sprint proprio mentre era presente l'allenatore bianconero Fabio Capello, che si ripresentò una volta sola in diretta agli stessi microfoni, concedendosi, invece, per onorare gli impegni contrattuali, all'inviato della Rai. L'intervista andava registrata, sui titoli di coda, tra le lamentele di Varriale. Non solo, per ammissione di Varriale, a seguito del video del 1999 sulle flebo di Fabio Cannavaro trasmesso da Rai 2, proprio il giocatore della Juventus venne intervistato da Dribbling sull'episodio. Comunque, a tal proposito, ci sarebbe anche da sottolineare che lo stesso Varriale ammette senza riserve che, per coincidenza temporale, il video danneggiava l'immagine della Juventus dove militava e tuttora milita Cannavaro. Continuando a commentare lo strano embargo, l'inviato-conduttore campano conferma che anche Moggi "qualche volta" si è presentato nella sua trasmissione nel corso del 2005, evidentemente con l'intenzione di commentare i risultati sportivi stagionali, ma molto più spesso coinvolto in discussioni piuttosto che approfondimenti. Beh, vedendo e sentendo il conduttore, a questo si fa meno fatica a credere.
Varriale, anche in aula, si dimostra permaloso, arrivando a polemizzare e a fare raccomandazioni sia verso l'avvocato difensore della Juventus Vitiello: "...e le dico un'altra cosa che ho detto nel corso della mia risposta precedente che lei, evidentemente, ha sentito con un po' di disattenzione...", sia verso l'avvocato Prioreschi, difensore di Moggi: "...lo legga bene il verbale, è molto chiaro, non ci possono essere equivoci".
Durante l'esame ed il controesame fuoriesce nuovamente il nome di Ciro Venerato, il collaboratore che Rai Sport utilizzava più spesso per eseguire i "pezzi d'appoggio" sulla Juventus. In particolare un passaggio evidenzia più che la predilezione per un inviato, la bravura dello stesso nel far emergere un servizio. Per il giornalismo sportivo, il pezzo importante di una partita di calcio è proprio la partita stessa, a seguito ci sono le interviste. Nel caso di Lecce-Juventus, il servizio principale era affidato a Bizzotto, mentre le interviste a Venerato. Ecco la dichiarazione di Varriale rispondendo all'avvocato Misiani difensore di Ignazio Scardina: "Mi scusi, la cronaca della partita certe volte diventa il pezzo principale, giornalisticamente ci sono delle volte che il pezzo principale sono le interviste, perché questo fa parte della sensibilità giornalistica che si può dare ad una cosa o ad un'altra, ad una vicenda o un'altra, insomma. Il pezzo d'appoggio è diverso da fare una determinata cosa in una determinata situazione". Insomma chi è più bravo fa il servizio più importante, indifferentemente se si riferisca alla partita o alle interviste, indifferentemente che si definisca "pezzo d'appoggio" o articolo principale.
Varriale alludendo a gerarchie redazionali, a competenze specifiche, contesta in qualche modo le scelte di gestione del personale Rai Sport di Scardina (superiore diretto) e di Maffei (responsabile di testata): il primo avrebbe deciso a chi assegnare gli articoli sulla Juventus, e il secondo lo avrebbe esonerato sia dai servizi sulla Nazionale di calcio, sia dalla conduzione di un programma sportivo televisivo. Certo che, notando i recenti screzi di Varriale con i rappresentanti del mondo sportivo, in particolare con Zenga, capace anch'egli di raccomandare qualcosa a Varriale, e Mourinho, in precipitosa fuga, fossi in Varriale prima di addossare le colpe a qualcun altro sulla base di ipotesi e sensazioni, mi farei un bell'esame di coscienza sul tipo di lavoro che svolgo.
Tralasciando il contorno delle beghe interne a Rai Sport, è importante invece rimarcare le modalità con cui si svolse il primo interrogatorio a Varriale da parte dei P.M. Beatrice e Narducci, assistiti dal Maggiore dei Carabinieri Auricchio e dal Maresciallo Di Laroni il 15 maggio 2006. Varriale, che si è proposto in modo "nevrile", spesso sovrastando le domande del pm Narducci e degli avvocati difensori mentre stavano ancora formulando le domande, va in crisi e perde il suo brio quando inizia il suo controesame l'avvocato Prioreschi. Prioreschi incalza Varriale chiedendogli: "Ricorda se, prima di cominciare il suo esame, Lei è stato informato sulle fonti di prova che gli inquirenti avevano raggiunto, fino a quel momento, sull'obiettivo che avevano in relazione alla Sua convocazione?".
Varriale tergiversa rifugiandosi in un "Mmmm, mi ripete la domanda? Sinceramente non ho capito...". Il controesame va avanti in un ping pong a tre, con interventi anche del Presidente Casoria che, alla fine, spazientita, si rivolge a Varriale dicendogli: "Sì ma vuole sapere, l'avvocato, che Le hanno detto prima che lei cominciasse a parlare?" (vedi il video). Varriale alla fine risponde, ma l'avvocato Prioreschi insiste: "Le sono state fatte sentire anche intercettazioni?". Varriale, non più brioso, e con un tono di voce un po' dimesso, alla fine deve ammettere: "Mi pare di sì, una mi pare mi è stata fatta sentire, sì". Dall'audio del controesame si può rilevare un discreto brusio di sconcerto in aula, in seguito a questa ammissione. Il pm Narducci non contesta nulla. Sicuramente l'avvocato Prioreschi ha messo a fuoco, e portato alla luce, un modo di condurre l'interrogatorio di Varriale, a maggio 2006, non esente da rilievi e comunque anomalo.
Dall'esito di questa testimonianza, si può senz'altro affermare che anche il contributo di Varriale non aggiunge nessun elemento concreto né a sfavore di Moggi, né della Juventus, ma ribadisce ancora di più che i testimoni presentati fino ad oggi dall'accusa hanno riportato ipotesi e congetture più che fatti. Pensieri e parole che ricostruiscono una Juventus accerchiata nei tribunali, nelle prefetture e sui media, un'altra macchina spropositata e unita nell'imporre un'immagine distorta di una squadra e una società vincente, gestita da persone esperte e preparate e non da una banda di truffatori.
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Calciopoli: Varriale ammette che nel 2006...
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