Come abbiamo raccontato in diretta, martedì è ripreso il processo di Napoli con l’attesissima deposizione del Colonnello Auricchio, coordinatore della squadra che ha svolto le indagini illecitamente trasformate da ignoti nel 2006 in linciaggio mediatico. A tal proposito, sembrerebbe ormai che la manina galeotta che fece andare la Juve in serie B sia riuscita a far perdere le proprie tracce, ma questa è la "norma" in questo Paese, non l'eccezione.
L’udienza è stata lunga e noiosa e la deposizione continuerà la settimana prossima. La parte interessante dovrebbe arrivare col controesame degli avvocati difensori, ma dovremo avere pazienza perché il pm non ha ancora finito questo suo esame e non sappiamo quanto tempo prenderà la prossima volta. Melina?
L’udienza di martedì è stata inoltre caratterizzata dalle reiterate proteste degli avvocati difensori per la modalità con la quale il teste ha ricostruito l’indagine da lui guidata. In particolare, è stato contestato l’utilizzo di un pc tramite il quale il Colonnello ha letto documenti definiti dai difensori “brogliacci” parziali, in particolare trascrizioni di intercettazioni (ad esempio, i verbali di trascrizione del 3 febbraio 2005) non autenticate dal tribunale, che ha incaricato in proposito periti terzi il cui lavoro sarà discusso più avanti. Il giudice Casoria ha però rigettato le obiezioni, motivando la decisione col fatto che alla fine il processo è fondato solo sulle intercettazioni, non c’è davvero nient’altro, e così il Colonnello Auricchio ha potuto trascorrere quattro ore a rileggere frammenti di telefonate, attribuendo loro quasi sempre un senso che, ormai da anni, abbiamo dimostrato non essere quello corretto.
E allora via con Reggina–Juve e il falso sequestro di Paparesta, il quale ormai è un testimone dell'accusa che ha negato la circostanza ma fa niente; e fa niente se si è stabilito che la telefonata del giorno dopo la partita non era di scuse, e fa niente se è stato spiegato che l’ingresso dei dirigenti nello spogliatoio arbitrale dopo la partita era lecito, e fa niente se il referto della partita e del dopopartita non lo scrive l’osservatore arbitrale, perché il Colonnello ancora non lo sapeva.
Ah, che spasso poi riascoltare frammenti delle fondamentali telefonate tra Moggi e il moviolista di Biscardi, nonché quella in cui l’arbitro De Santis si compiace con Manfredi Martino di essere riuscito a farsi regalare le pregiatissime magliette di Kapo e Olivera (ma una volta la Juve non dispensava le Fiat? Mala tempora currunt.)!
Davvero azzeccata poi la citazione della Carraro–Bergamo di due giorni prima Inter–Juve del 28 novembre 2004. “Mi raccomando, che faccia la partita onesta, ma non faccia errori a favore della Juventus”, si raccomandava Carraro, e ancora oggi sbalordisce come un Presidente Federale che si raccomanda col designatore perché istruisca un arbitro a fischiare nel dubbio a favore dell’Inter porti poi le indagini a tenere nel mirino solo la Juve.
E le telefonate della segretaria della Juve che non riesce a sorprendere Moggi con i nomi degli arbitri designati? Ormai si è scoperto da tempo che avvenivano ben dopo le designazioni ufficiali, e che Moggi quelle informazioni le riceveva in modo lecito e a sorteggio avvenuto. Ma tant’è. E poi i pregiati panettoni per la cena di Natale con i designatori, le letali ammonizioni mirate dei fuoriclasse Nastase e Petruzzi del Bologna, i biglietti per Juve–Milan chiesti da Lanese, i check di Pairetto (“Elettrocardiogramma?”, si sente chiedere ironicamente da un avvocato), Moggi che si lamenta con Girotto di un arbitro (embè?), e i piagnistei di Cellino per un Cagliari-Juve, fino ad arrivare alla madre di tutte le farsopolate: la telefonata delle griglie pre Juve-Udinese del 13 febbraio. Qui il Colonnello parla di griglia telefonica che corrisponde a quella poi predisposta nella realtà; peccato, fanno notare i difensori, che la scelta di quegli arbitri era pressoché obbligata e che non furono i nomi ipotizzati da Moggi quelli che andarono a comporre quella griglia. E nello stesso equivoco il Colonnello incorre quando commenta una conversazione tra Bergamo e la sua segretaria sulla designazione degli assistenti.
Più di una volta Bergamo e Moggi, presenti in aula, non sono riusciti a trattenersi dall’intervenire per puntualizzare, rischiando anche di far prendere alla Presidente Casoria dei provvedimenti disciplinari nei loro confronti, tanto che alla fine Moggi ha chiesto di fornire una deposizione spontanea che potete ascoltare qui.
Alla fine, gli interrogativi più sostanziosi riguardano l’esposizione preliminare che il Colonnello ha fatto sulla genesi della sua inchiesta. Il 21 luglio 2004 la procura di Napoli gli chiede di indagare su eventuali rapporti tra il Messina, la GEA e alcuni arbitri della sede romana, sulla base di una deposizione di Dal Cin, nell’ambito di un’inchiesta sul calcio scommesse. Sì, Dal Cin, quello la cui testimonianza qualche mese fa è stata definita in aula frutto di sole "sensazioni". Auricchio ha parlato di una prima attività investigativa durata dal 21 luglio al 18 settembre 2004, che avrebbe portato a verificare la fondatezza di un’ipotesi di reato e alla conseguente decisione della procura di Napoli di consentire le intercettazioni, a partire dall’11 ottobre 2004, a carico di Moggi Alessandro, Zavaglia Francesco, Calleri Riccardo, Cellini Tommaso, Geronzi Chiara, Moggi Luciano, De Mita Giuseppe (anche se per breve tempo causa cellulare non funzionante), Palanca Luca, Gabriele Marco e fax GEA.
Quel che non si capisce è la facilità con la quale lo spettro si allarghi in pochi giorni, andando a comprendere esponenti del mondo arbitrale e federale. Auricchio parla di una telefonata di Pairetto a Moggi del 16 ottobre (per altro priva di “interesse investigativo”) che porta a mettere sotto controllo anche i telefoni dei due designatori. A inizio novembre salta fuori anche una telefonata di un osservatore arbitrale a Lanese il giorno di Reggina–Juve, quindi abbiamo anche l'allora presidente dell’AIA intercettato (ma l’autorizzazione quando?). E così, via, comprendendo anche il vicesegretario della Figc Innocenzo Mazzini. Insomma, al controesame i difensori avranno senza dubbio molte curiosità da sottoporre al teste.
Sono davvero tanti i perché che frullano nella testa. Ad esempio: perché nel 2006 gli inquirenti non s’interessarono al guardalinee Coppola che voleva raccontare un episodio che coinvolgeva l’Inter? Perché nel 2005-2006 nessuna intercettazione, ma solo seconde (2-11-05; la prima è del 16 aprile 2005) e terze informative (21-1-06)? Il metodo del “riascolto” utilizzato, che prevede le intercettazioni in caserma, era davvero congruo per quella indagine? E la telefonata di Baldini in cui preannuncia a Mazzini il ribaltone, vogliamo parlarne?
Fa davvero impressione il pensiero che tutto il pandemonio che quattro anni fa ha fatto ha pezzi la Juve della Triade possa essere scaturito, ripetiamo, da un’ipotesi investigativa su Messina, arbitri romani e GEA, quando noi oggi sappiamo che la GEA non delinqueva e che di quei due arbitri romani indagati all’inizio, Palanca e Gabriele, uno manco è stato rinviato a giudizio e l’altro è stato assolto in primo grado nell’abbreviato.
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