A Napoli nel processo Calciopoli ieri era il grande giorno dell'inizio della requisitoria dei PM.
E così dopo molte vicissitudini, tra le quali due ricusazioni rigettate del presidente Casoria (una terza è ancora da valutare), una prima esclusione delle parti civili e la successiva riammissione dopo un ricorso in Cassazione, una procedura disciplinare sempre a carico del Presidente Casoria davanti alla sezione disciplinare del CSM, e dopo quasi due anni di udienze, si è arrivati alla fase finale del processo Calciopoli.
Ed il PM Narducci alle ore 10.10 comincia la sua requisitoria.
Narducci inizia descrivendo il contesto in cui è nata l'indagine napoletana: una prima ipotesi di implicazione di alcuni arbitri nel calcioscommesse, poi virata verso l'attuale ipotesi di esistenza di una cupola capace di condizionare i campionati. E tale indagine "accorpa" le risultanze delle indagini fatte a Torino. Indagini che sappiamo essere state archiviate, in quanto il Procuratore Maddalena non aveva rilevato fattispecie penali perseguibili. Ma a Napoli hanno continuato ad indagare ed hanno acquisito anche le intercettazioni realizzate a Torino.
Per Narducci la cupola era operativa da molti anni. Arriva addirittura ad affermare che dopo il 1980, epoca dello scandalo calcioscommesse, il calcio è sempre vissuto in una zona grigia di illegalità. Quali siano le prove a supporto di questa teoria è un mistero, Narducci sembra operare come consiglia quel famoso passatempo della 'Settimana enigmistica', "unisci i punti" e scopri il disegnino. Solo che tra il 1980 ed il 2006 ci sono anni luce di distanza, e la deposizione di Carbone in aula, qualora avesse avuto l'intento di unire 1980 con il 2006, ha miseramente fallito nel suo intento. Ma via via che Narducci espone le ragioni dell'accusa, il disegno strategico si delinea chiaramente: sostenere che gli imputati avessero dei rapporti esclusivi e riservati (da qui l'importanza delle sim svizzere per l'accusa) con il fine di comandare nel mondo del calcio, facendo il bello ed il cattivo tempo. Facendo vincere la Juventus perché questo interessava al capocupola Moggi, ed all'occorrenza aiutando questa o quella squadra per puro interesse dell'associazione. Comandando nel settore arbitrale per il tramite degli associati Bergamo, Pairetto e De Santis, i quali, mediante un sistema di premi e sanzioni agli arbitri (chi favoriva l'associazione arbitrava più partite ed incassava di più, secondo l'accusa), allargavano il consenso dell'associazione stessa. Peccato che in aula sia stato dimostrato il contrario, ma Narducci non sembra tenerne conto. E il Pm punta a dimostrare che l'associazione era esistente e potenzialmente pericolosa, il fatto che ci fossero o meno partite truccate è secondario, punta a dimostrare che vi fosse essenzialmente il pericolo del reato. E' una visione che Narducci ha maturato nel corso dell'indagine, che ha trasposto integralmente nella sua richiesta di rinvio a giudizio e che ha riproposto pari pari nell'inizio della sua requisitoria. Il tutto saltando a piè pari quasi due anni di udienze e le dichiarazioni di decine di testimoni, molti dei quali convocati proprio dall'accusa.
E così Narducci ha riproposto il tema delle ammonizioni mirate come uno strumento per penalizzare le avversarie della Juventus, la teoria dei sorteggi truccati, mediante l'elaborazione di griglie ad hoc (proprio quello che il Procuratore Maddalena nell'atto di archiviazioni delle indagini di Torino ha escluso); ha infine affermato che i calendari fossero truccati per favorire i desideri di Moggi e della Juventus. Un Moggi hacker in verità ci mancava e, visto che i calendari venivano preparati da un computer, l'unica soluzione sarebbe stato appunto hackerare il software di elaborazione dei calendari.
Ma Narducci non s'è fermato qui: ha anche stabilito quali dei testimoni fossero attendibile e quali no; Ancelotti, che in aula dichiara che Moggi non gli indicava il nome dell'arbitro prima del sorteggio, o ancora che dichiara che per Perugia-Juventus non era pronta nessuna torta, non è credibile. Meani è credibile e viene dipinto come il terminale di un concorrente vessato dalla cupola: il Milan. E affermare che Meani fosse il vessato, dopo aver ascoltato le centinaia di conversazioni quotidiane di Meani con Galliani, con i designatori, con quasi tutti gli assistenti e con molti arbitri, Collina su tutti, è decisamente impresa alquanto ardua, ma Narducci riesce in questo capolavoro di prestidigitazione dialettica. E sappiamo che a detta di Auricchio il Milan non ha le televisioni e non possiede nessun potere mediatico: al contrario di Moggi, che Narducci ripropone nei suoi colloqui esilaranti con quel campione dell'avant-giornalismo che è Aldo Biscardi. La patente a punti riproposta come uno strumento di pressione formidabile per soggiogare gli arbitri al sistema, roba da far impallidire Torquemada con i suoi antiquati strumenti di tortura. Nucini invece è credibile, ma la Corte non deve prendere in considerazione le dichiarazioni di Nucini in aula, bensì le sue dichiarazioni del 2006 davanti alla Procura sportiva. Quelle sì che sono dichiarazioni veritiere perché in quelle dichiarazioni Nucini fornisce molti dettagli. In quelle dichiarazioni c'è il vero Nucini, quello attendibile. E così alla stregua di un mercante d'arte Narducci consiglia alla Corte di "comprare" le opere del Nucini prima maniera, quello più vivace con colori più vivi e brillanti. E di scartare il Nucini seconda maniera, quello arruffone che mischia i fatti, che confonde le date ed i ricordi. Peccato che il Nucini seconda maniera sia quello sentito per ben due volte in aula, aula che, giova ricordare, è l'unico luogo deputato dal codice a formare la prova del processo; ed in aula il Nucini prima maniera non s'è visto.
E non è mancato nemmeno il pezzo clou del processo: il sequestro di Paparesta! Narducci ha ripercorso le fasi concitate del post Reggina-Juventus, ha richiamato le conversazioni di Moggi con amici e conoscenti in cui millanta di aver chiuso Paparesta nello spogliatoio e di essersi portato la chiave dietro. E' possibile che dopo un'indagine della procura di Reggio Calabria, archiviata perché il fatto non sussiste, dopo le ripetute dichiarazioni di Paparesta, in aula prima di tutto, e più volte in TV (si veda ad esempio una puntata di Niente di Personale condotta da Piroso su La7), un PM della Repubblica si comporti alla stregua di Furio Focolari e sostenga la veridicità di quel sequestro?
Siamo dunque in presenza di una prima parte di requisitoria che ha tenuto in scarsa considerazione le risultanze processuali; e tutti i testimoni sentiti in aula che, pezzo per pezzo, hanno demolito l'accusa sono stati ignorati da Narducci. S'è invece dato rilievo alla condanna di primo grado in abbreviato di Giraudo, Lanese e Pieri, ma sappiamo che la rilevanza processuale di questa sentenza, al momento non utilizzabile, è nulla, ancorché basata su teorie smontate in aula nel processo ordinario. Sembra quasi che Narducci non abbia assistito al dibattimento, sembra quasi che volutamente abbia inteso dare scarso valore al dibattimento, quando invece è l'aula il luogo dove si forma la prova. E, piaccia o non piaccia a Narducci, il dibattimento ha detto altro rispetto a quanto sentito nella prima parte della sua requisitoria; piaccia o non piaccia, di prove in aula non se ne sono viste; piaccia o non piaccia, è il collegio a giudicare in merito all'attendibilità dei testi ed alla validità delle prove. E, piaccia o non piaccia, se la Corte d'Appello rigetterà la richiesta di ricusazione, si arriverà a sentenza. E, piaccia o non piaccia, quella sarà l'unica verità di Calciopoli. E tutti i cittadini italiani (FIGC e Lega calcio inclusi) ne dovranno prendere atto.
Narducci parte in tono minore
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