Francesco Dal Cin è semplicemente l'uomo che ha fatto partire Calciopoli. Specularmente a quanto avvenne più tardi con Armando Carbone, le sue dichiarazioni, rese davanti agli inquirenti il 5 giugno 2004, consentirono agli stessi di ottenere l'autorizzazione a intercettare Luciano Moggi e altri protagonisti di Calciopoli.
Calciopoli parte da lì: da un Messina-Venezia, finito sotto l'occhio degli investigatori per una questione di calcioscommesse, per cui Dal Cin è chiamato dai Carabinieri a offrire informazioni. Lui racconta le sue "sensazioni", così le definisce a mezzo stampa in quegli stessi giorni, e l'inchiesta vira di 360 gradi. Parte la caccia grossa a Moggi.
Lo ritroviamo oggi come teste al Processo di Napoli: una testimonianza che offre qualche passo indietro e molte conferme rispetto al verbale del 5 giugno. Sì, conferme: ribadisce, a più riprese, quasi un refrain, che si trattava di dicerie, sensazioni, convinzioni maturate non si sa bene come. Opinioni, insomma. Senza riscontro, ammette con tranquillità.
Si qualifica come libero professionista, con 40 anni di carriera nel calcio alle spalle. Direttore sportivo dell'Udinese ai tempi di "O Zico o Austria", direttore generale dell'Inter di Fraizzoli, poi nella Reggiana sponsorizzata Giglio, ossia Tanzi, e infine nel Venezia, affidatogli da Zamparini. 5 anni di inibizione per illecito sportivo e 4 mesi di pena in tribunale per frode sportiva contestatagli per un famoso Genoa-Venezia. Un uomo che ne ha viste tante. Ma non quelle attribuitegli dal Carbone, nella precedente udienza, tiene a precisare. Insomma, uno dei due testi è inattendibile, fate voi. E comunque sia ha convinto un GIP.
La deposizione verte, per indirizzo del Pm Beatrice, proprio sulla partita Messina-Venezia, il turning point dell'inchiesta. Dal Cin conferma di avere ricevuto, prima della partita, le telefonate dei colleghi Cellino, Zamparini, Spinelli e Ruggeri, volte ad avvertirlo che il Venezia avrebbe sicuramente perso, per volontà dell'arbitro Palanca, designato per la partita.
Confermerà anche, come del resto palese, che i colleghi avevano certo un qualche interesse nella partita: tutti e 4 lottavano infatti per conquistare la serie A in concorrenza con il Messina.
Ma quali erano i riscontri, in base a cosa si congetturava sulla direzione di Palanca e si cantava il requiem per il Venezia?
"Era nell'aria..." "C'era un'organizzazione che funzionava a favore di qualcuno..." "I giocatori sono prevenuti..."
E' difficile da illustrare e da affermare, spiega. E' una sensazione che è indimostrabile, aggiunge. "Io di concreto non avevo niente...neanche i miei colleghi...erano delle convinzioni!".
Sulle origini di queste convinzioni, però, è il mistero. Quanto alla sostanza "il convincimento è insufficiente" si rende conto, "era sul si dice", niente di più.
Veniamo alle sue dichiarazioni più ficcanti, tra quelle rese a verbale. Molti passi indietro.
La combriccola romana, ad esempio. Mostra di non ricordarsi che ci fosse un'organizzazione soprannominata in questo modo, esclude che il radicamento territoriale a Roma fosse il fondamento di una qualsiasi attività di arbitri corrotti, addirittura non ricorda nemmeno il nome di De Santis.
Il rapporto tra Fabiani e Moggi. Gli si fa notare che aveva deposto, indicando il Fabiani come "uomo consigliato al presidente del Messina dallo stesso Moggi." Riconosce di avere sbagliato nell'affermare questo e che tutto quello che sa è che tra Moggi e Fabiani c'era un'amicizia professionale, che aveva fatto nascere il dubbio di un'organizzazione volta a favorire il Messina, come società amica della Juventus.
Riscontri? No, nessuno.
Prioreschi, difensore di Moggi, chiede con veemenza di separare i fatti dalle opinioni. Il giudice Casoria comprende e rileva che tali dichiarazioni "valgono quello che valgono a livello di codice". Dal Cin ribadisce: "Non ho notizie, ho trasmesso sensazioni."
La GEA che, a verbale, sembrava la diretta beneficiaria dell'opera degli arbitri della "combriccola romana"? Una società di procuratori. Oggi non direbbe più la stessa cosa, ammette Dal Cin, ribadendo che si trattava di una sensazione, ma che poi l'accertamento dei fatti successivo lo ha escluso. Insomma sono sensazioni, e spesso fallaci.
Beatrice ritorna su Messina-Venezia. La convinzione che Bergamo e Pairetto, con i quali il Dal Cin aveva, per sua voce, ottimi rapporti, fossero legati a Moggi gli deriva dalla loro difesa dell'operato di Palanca, nella gara. Un'altra sensazione.
Nessuno rileva in aula che esistono anche i fatti. E uno è incontrovertibile.
Palanca non è accusato di nulla, è stato prosciolto da ogni addebito nella fase inquirente, non è mai stato rinviato a giudizio e mai condannato, nemmeno dalla giustizia sportiva. Insomma, l'arbitro di quella partita, ispiratrice di tante sensazioni, è un uomo onesto, che mai ha taroccato una partita, secondo gli stessi inquirenti.
Pertanto, il banco di prova di quelle sensazioni è sotto gli occhi di tutti. Messina-Venezia non è una partita sotto inchiesta. Palanca non è un arbitro corrotto. Quelle sensazioni, per la giustizia italiana, sono sbagliate.
L'avvocato Prioreschi non perde molto tempo per il controesame, il teste ha già qualificato le sue dichiarazioni da solo, relegandole al rango di convinzioni senza riscontro. Magari, che ne sai, la voce si sparge perchè in tanti leggono "Il Romanista"...e si convincono!
Insomma è facile passare dalle sensazioni ai sensazionalismi.
Che è proprio quello che non ci si attende da un giudice. Il GIP ha acconsentito alla spesa di migliaia di euro in intercettazioni, assecondando il sesto senso di Dal Cin. Probabilmente, come già detto l'altra volta, qualcuno deve una spiegazione.
Sensazionale! Dal Cin: erano solo sensazioni
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