paparestaL'altro ieri, in un'aula di tribunale di Napoli, grazie alla deposizione dell’ex arbitro, vittima di Farsopoli, Gianluca Paparesta, per l’ennesima volta sono state fatte a pezzettini le balle del 2006, quando i maggiori media mistificarono alcune conversazioni telefoniche riguardanti la famosa Reggina – Juve 2004-05 per far credere che Moggi condizionasse gli arbitri avvalendosi di fantomatici metodi di intimidazione. Fu davvero un caso di sfacciato capovolgimento della realtà, basti ricordare che stiamo parlando di una partita persa dalla Juve grazie a clamorose sviste arbitrali (un rigore negato e due gol annullati ai bianconeri) e che chi sbagliò quelle valutazioni, danneggiando il cammino in campionato della Juve, oltre, ovviamente, a non subire alcuna ritorsione “fisica” come i pinocchi delle gazzette dell’estate 2006 hanno avuto la spudoratezza di raccontare senza mai fare realmente ammenda una volta smascherati, non subì alcuna conseguenza per la propria carriera, dato che in quella stagione è poi stato uno degli arbitri più e meglio impiegati dell’intera CAN, dirigendo 40 partite, tra serie A, B e coppe europee. Semmai, come ha raccontato ieri ai giudici, la sua carriera è stata stroncata dalla calunniosa campagna giornalistica di Farsopoli, altro che Moggi; infatti, una volta archiviata la sua posizione a Napoli, è stato dismesso proprio sull’onda del clamore del fasullo scandalo.
D’altronde, se uno ascolta l’udienza di ieri per quel che è realmente stata (sempre sia lodata Radio Radicale) e poi si mette a leggere i resoconti delle maggiori testate, non può che avvertire la presenza di qualcosa di patologico nell’ostinazione con cui i fatti che ne scaturiscono vengono deformati. Viene da chiedersi, tanto per dirne una, se è solo per motivi di tempo che mai nessuno riporta quel che produce il controesame dei difensori, limitandosi tutti al riassunto della tesi dei pm. Che resoconto è mai questo? Lo sanno, questi esperti di giudiziaria, che, a differenza della Figc nel 2006, il CSM, almeno per ora, non è commissariato da un tifoso dell’Inter?

La deposizione di Paparesta, guidata nella sua prima parte dalle domande del pm Narducci, inizia con la rievocazione delle sue traversie seguite a Farsopoli: dopo lo scoppio dello scandalo, non è più stato riammesso ad arbitrare. Inizialmente, essendo indagato, le ragioni di opportunità ci stava pure, ma dopo l’archiviazione dell’inizio 2008, è stato dismesso comunque.

LA BUFALA DEL SEQUESTRO

Reggina-Juve del 6 novembre 2004: anche qui, Gianluca conferma quanto già raccontato dal padre. Rievoca le proteste nel post-partita di Moggi e Giraudo, veementi ma prive di insulti, e nega di esser mai stato chiuso nello spogliatoio, d’altronde c’erano altre persone con lui. Nel controesame di Trofino (avvocato di Moggi), ammette che la vistosità della reazione dei dirigenti juventini era proporzionata alla vistosità dei suoi errori, nel senso che nel mondo del calcio è una cosa che, per quanto eticamente sanzionabile, capita eccome, e spesso per motivi meno evidenti.
Sul mancato referto relativo alle proteste juventine, nonostante i tentativi del pm di fargli attribuire la sua decisione alle intimidazioni Juve, nel controesame dell’avvocato Trofino, ammette che se, al posto della Juve, ci fosse stata l’Inter o il Milan, le sue valutazioni sarebbero state le stesse. Sulla sospensione che ebbe dalla CAN per quegli errori, inoltre, ritiene che si sia trattato di normale prassi e non di pressioni bianconere. D’altronde, come fa rilevare l’avvocato di Bergamo, nel 2004-05 Paparesta arbitrò un numero ragguardevole di partite, 40 tra campionati, coppe, tornei, un numero che fa di lui un arbitro di punta, uno che viene valorizzato, non certo penalizzato. Inoltre, dopo quel Reggina – Juve, lo stop che subì fu assolutamente minimo: il 14 novembre, e cioè la settimana dopo, già arbitrava Torino-Venezia. Il 25 novembre, addirittura, una partita internazionale come Benfica – Dinamo Zagabria. Il 28 novembre Messina-Fiorentina di serie A.

IL CELLULARE DI PAPA’

Il teste ha poi ripercorso la storia dei rapporti del padre con Moggi e Fabiani, ribadendo punto per punto quanto già raccontato in prima persona da Romeo, per cui vi rimandiamo al corrispondente resoconto.
Sulla telefonata post Reggina – Juve a Moggi, Paparesta conferma l’uso del cellulare del padre, che l’aveva invitato a farsi sentire con Moggi per reagire agli attacchi dei media e alle accuse di malafede da parte dei dirigenti juventini. Dal controesame degli avvocati di Fabiani e Bergamo, finalmente capiamo che Gianluca Paparesta manco sapeva che quel cellulare provenisse da Moggi, né che contenesse una sim svizzera. La provenienza del
cellulare Gianluca la scoprì solo dopo lo scoppio di Farsopoli. Oltre alla telefonata in cui Moggi gli riattacca il telefono, Gianluca, su invito del padre che gli prestò l'apparecchio, usò quell’utenza anche il giorno dopo, a Bagno di Romagna, previo contatto pomeridiano con Fabiani. Il ruolo di Fabiani in quel caso, come evidenziato nel controesame dell’avvocato dell’ex ds messinese, fu solo quello di interessarsi affinché si spegnessero le polemiche scoppiate in quei giorni. La sera, poi, Gianluca ebbe con Moggi un colloquio più pacato, anche se ciascuno restò fermo alle rispettive posizioni.
Altri contatti ipotizzati dall’accusa sono stati smentiti: il 17 gennaio 2005, da Quarto d’Altino, dove l’arbitro si trovava in compagnia del padre, partì una telefonata a Fabiani, ma si trattava di un appuntamento telefonico di papà Romeo, e Gianluca ricorda che il padre aveva il telefono scarico e provò ripetutamente a chiamare dall’albergo.
Per quanto concerne la telefonata tra Moggi e Bergamo del febbraio 2005, quella famosa in cui parlano della griglia del sorteggio arbitrale per l’imminente giornata di campionato, con Moggi che afferma di sapere che Gianluca tornerà il venerdì da una trasferta in Turchia per un torneo giovanile, il teste nega di aver sentito Moggi, ipotizza che l’informazione gli fosse stata data dal padre (che gliel’ha poi confermato), e per altro fa notare che tale informazione era sbagliata, perché in realtà tornò in Italia solo il sabato (come sosteneva il suo commissario Bergamo).
Per il resto, oltre ai contatti post-Reggio, non ne ebbe mai altri con Moggi e Fabiani, né su quella svizzera né tramite altre utenze. Paparesta conosceva Fabiani di vista, come un dirigente qualsiasi, che incrociava solo quando arbitrava le partite della sua squadra. E Fabiani mai tentò di contattare Paparesta, nemmeno per il tramite di suo padre.

I RAPPORTI CON BERTINI

C’era poi un’altra ipotesi accusatoria sulla quale si fonda l’attribuzione di una Sim svizzera a un altro arbitro, Paolo Bertini. Ebbene, mai Paparesta ebbe contatti con Bertini su Sim svizzere.
Attenzione: Paparesta ha raccontato che Bertini era, tra gli arbitri, quello a lui più vicino, amico e confidente. I due si sentivano spesso, si facevano coraggio nei momenti difficili delle rispettive carriere. Ebbene, su esplicita domanda del difensore dell’arbitro toscano, Paparesta ha detto che Bertini non gli ha mai parlato di telefonini svizzeri, né ricorda di averlo mai chiamato su utenze straniere.
Questo dato non è certo da poco, perché va a smontare un assunto adottato dalla giustizia sportiva in occasione della cosiddetta "Calciopoli" 2, allorché Bertini venne sanzionato (in primo grado; in seguito fu assolto per il "ne bis in idem") proprio per queste accuse della giustizia ordinaria.

JUVE – LAZIO DI COPPA ITALIA

Prima di Reggina – Juve, si era ipotizzato che la longa manus della fantomatica cupola moggiana avesse iniziato a prendere di mira l’arbitro barese dopo la finale di coppa Italia 2004, nel maggio di quell’anno. Si era detto che Paparesta era stato sottoposto a sospensione della CAN in seguito al malcontento della Juve, che aveva perso la coppa.
In realtà, dal controesame di Trofino, scopriamo che Paparesta aveva subito una sospensione a causa della violazione del precetto disciplinare che impedisce agli arbitri di rilasciare dichiarazioni ai giornalisti dopo il
match. Paparesta era stato intervistato dalla Rai, e quindi i designatori l’avevano sanzionato. Inoltre, l’avvocato di Bergamo ha ricordato all’arbitro la dichiarazione, in quel post-partita, del laziale Giannichedda: “Devo ringraziare l’arbitro, è stato buono a non darmi il secondo giallo”. Quindi, ci furono anche degli errori pro-Lazio che spiegano la diffidenza di Moggi nei suoi confronti.
Al di là di tutto, resta il fatto che, come ricorda l’avvocato, la sanzione non fu particolarmente pesante: Bergamo autorizzò Paparesta ad andare ad arbitrare un torneo a Ostuni pochi giorni dopo il match incriminato, e che comunque in giugno arbitrò una partita di B e il 27 luglio venne pure mandato a dirigere un match di intertoto.

I RAPPORTI CON I DESIGNATORI

A Paparesta sono state fatte alcune domande sui rapporti fra gli arbitri e i designatori nel periodo incriminato. L’arbitro
barese si descrive come una persona introversa, che non rientrava nel novero degli arbitri con un rapporto di particolare confidenzialità con i designatori. Richiesto di fare dei nomi, descrive Trefoloni come il più vicino a Bergamo e Pairetto, e in secondo luogo De Santis e altri.
Curioso poi che il pm abbia chiesto a Paparesta di rievocare come i designatori valutarono, insieme agli arbitri, due partite molto contestate di quell’anno, e cioè, Lazio-Brescia e Lazio-Fiorentina, dirette rispettivamente da Tombolini e Rosetti. Gianluca si ricorda che a Coverciano ci si soffermò molto su un mancato rigore alla Lazio nella prima, e su un mancato rigore alla Fiorentina nella seconda. Curioso, si diceva, più che altro per il fatto che la stessa domanda non gli è stata posta per Reggina-Juve. Evidentemente, i designatori non sottoposero Paparesta a grandi pressioni, per quegli errori ai danni della Juve.
Richiesto dall’avvocato di
Pairetto, Paparesta poi nega di aver mai ricevuto da Pairetto richieste di privilegiare qualche squadra in particolare.
E infine, quando l’avvocato di Bergamo gli chiede un parere sul sistema arbitrale ora in vigore per paragonarlo a quello sotto processo, l'ex fischietto barese non rileva particolari differenze.

A proposito, a questo resoconto manca un dettaglio fondamentale: Gianluca Paparesta è stato chiamato a deporre in quanto testimone dell'accusa, risultando, come si è visto, molto più utile alla difesa. E ciò fa tanta più impressione, se consideriamo che sempre l'altro ieri il grande accusatore di Moggi, Franco Baldini, non si è nemmeno presentato.