Non sappiamo se provare più rabbia, disillusione, sete di giustizia, o chissà quale altro sentimento. Se pensiamo a Calciopoli e alla deposizione del tenente colonnello Auricchio prevale lo sconcerto, più che la soddisfazione di avere riscontrato come tutta l’indagine “offside” sia in realtà basata su fragili fondamenta. Vorremmo capire se è lecito, e se è cosa normale, che indagini per un reato grave come l'associazione a delinquere siano condotte facendo riferimento agli articoli de La Gazzetta dello Sport, piuttosto che a prove di qualsiasi genere. Se si parla di reati consumati per influenzare delle partite si può visionare le stesse, si può prendere visione dei referti arbitrali quali fonti primarie dell’evento, ma rispondere affermando che lo ha scritto la Gazzetta lascia veramente basiti come cittadini di questo Paese. Questo modo di condurre l’indagine, confermato in aula, ma che avevamo già intuito leggendo le informative, ci lascia basiti. Se pensiamo che Auricchio è stato addirittura elogiato e portato ad esempio da alcuni media, abbiamo un quadro realistico di quale sia il livello di certa informazione nel nostro Paese. A leggere il resoconto stenografico dell’udienza che ha visto protagonisti Auricchio e l’avvocato Prioreschi, legale di Moggi, si ha una percezione di superficialità nella conduzione delle indagini dei “Magnifici 12”, come li aveva battezzati un articolo de La Repubblica (riportato in un nostro articolo), eroi di una docufiction su La 7 che, man mano che le udienze si susseguono, perde di valore e credibilità. L’unica cosa certa delle indagini è che sono state condotte quasi esclusivamente sulla Juventus. Perché mancano le telefonate interiste a Bergamo, che si intuisce siano avvenute ascoltando altre intercettazioni? E anzi praticamente per certo confrontando il silenzio del teste con la tempestiva ammissione del pm affrettatosi a precisare: "Beh qualcosa sarà sfuggito". “Non lo so, non so dare spiegazioni” è stata la sconcertante risposta dell’ufficiale, che fa il paio con quanto dichiarato dal guardalinee Coppola che, nel corso di una precedente udienza, aveva testimoniato affermando che, al proposito di riferire certi fatti riguardanti l'Internazionale F.C., chi indagava gli rispose "L'Inter non interessa". Ma tutto l’interrogatorio è stato un vortice di domande puntuali, da parte dell'avvocato Prioreschi, e di risposte vaghe condite da molti “no”, specie quando è stato chiesto se le partite oggetto delle indagini fossero state visionate, per verificare se c’era stata o meno la frode sportiva, ipotizzata sulla scorta delle sole intercettazioni. E per fortuna nell'estate del 2006 certa stampa, fra le tante accuse miseramente cadute, non ha accusato Moggi di un qualche omicidio, perché stando al metodo seguito per le indagini, oltre all'accusa di associazione a delinquere, l'ex direttore generale della Juventus si sarebbe trovato pure un'accusa di omicidio sulle spalle. Uno dei momenti culminanti del controesame è stato quando Prioreschi ha chiesto al Giudice Casoria di ammonire il teste per reticenza riguardo al “sì”, diventato poi un “controllo”, quindi ancora un “allora non ricordo” riguardo alla vicenda legata al presunto “rapimento” di Paparesta nello spogliatoio di Reggio Calabria, poi rivelatosi un falso che molti giornalisti disinformati continuano ad inserire nei loro articoli, facendo scempio della verità, a danno dell'informazione corretta che dovrebbero garantire ai loro lettori. L’interrogatorio ha raggiunto l'umorismo quando il teste, che ha riconfermato di non essersi avvalso come fonte di indagine di Tuttosport, perché “di parte”, su Mediaset ha risposto: “Non mi risulta che sia controllata dal Milan”. Ma no, certo, aveva più potere mediatico Moggi controllando la “patente a punti” degli arbitri al Processo del Lunedì, grazie all’amicizia con Baldas.
Sull’amicizia con l'ex direttore generale della Roma Baldini, quello che annunciava il ribaltone a Mazzini in un'intercettazione agli atti, i conti non tornano. Auricchio dice di non aver parlato dell’inchiesta su Calciopoli con Baldini prima del febbraio 2005, ma Antonelli, invece, aveva testimoniato nel processo GEA affermando che Baldini gli disse di rivolgersi ad Auricchio nel caso avesse qualcosa da dichiarare, perché stava conducendo un'indagine sul calcio. Bisognerebbe chiedere a Baldini come facesse a sapere che c’era questa indagine in corso, ma Baldini alla Casoria l’ha già data “buca” in un paio di occasioni. La vicenda è veramente poco chiara. Sarebbe necessario un confronto a tre, all'americana, perché uno dei tre mente.
C’è da riflettere su come in questo Paese ci si possa trovare imputati di associazione a delinquere sulla scorta di telefonate intercettate, senza un'opportuna verifica se le cose dette trovano riscontro o meno, se non su La Gazzetta dello Sport; c’è da riflettere sulle modalità con cui sono state condotte indagini che assumono articoli di giornali sportivi quali prove inconfutabili; c’è da riflettere su come i media, che oggi disertano il processo reale, o riportano poche righe innocue, abbiano condotto invece nell'estate 2006 vere e proprie arringhe accusatorie dalle colonne dei propri giornali annunciando addirittura in anticipo le sentenze dei tribunali sportivi. Infine, c’è da continuare a riflettere, sempre per usare un eufemismo, su come le istituzioni sportive abbiano condotto il processo, con l'abbattimento di un grado di giudizio, senza alcuna garanzia per le difese, ed elaborando di sana pianta in camera di consiglio (!) quell'"illecito strutturato" dato dall'aberrante somma di comportamenti sleali (art. 1) che costituirebbe un illecito (art. 6). Continuiamo a riflettere su come la proprietà e la dirigenza della Juventus abbiano, nella sostanza dei fatti, assecondato questo sistema, non alzando un dito per difendere i propri dirigenti e tutelare la società.
Se questa è Calciopoli...